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Come si legifera in materia elettorale?

di Matteo Apicella
Nel mese di maggio il Parlamento ha approvato (prima al Senato e poi alla Camera) la Legge di conversione del Decreto-Legge recante disposizioni urgenti per le consultazioni elettorali e referendarie del 2025 (Legge 15 maggio 2025, n. 72). Questo tipo di decreto è in realtà ricorrente ogni anno prima di consultazione elettorali di ogni genere e ne stabilisce vari aspetti organizzativi, come ad esempio i giorni e gli orari di apertura dei seggi e le modalità di espressione del voto in casi particolari; quella che cioè viene definita legislazione elettorale “di contorno”, proprio perché tocca gli aspetti più logistici ed organizzativi, senza intervenire sul meccanismo sostanziale di elezione dei vari organi che i cittadini sono chiamati a rinnovare.
Durante l’esame in Commissione Affari Costituzionali del Senato, è stato presentato un emendamento (il 4.04) da parte dei partiti di maggioranza che prevede che, nei casi in cui nessuno dei candidati raggiunga al primo turno il 50% delle preferenze nei Comuni con più di 15.000 abitanti, si elimini il ballottaggio attualmente previsto e si proceda, intervenendo sull’art. 72 del d.lgs 268/2000, con l’elezione del candidato che abbia superato il 40% dei voti validi, prevedendo l’eventuale secondo turno in caso di mancato superamento di questa soglia. La motivazione dietro questa mossa è (ovviamente) politica: è stato infatti più volte statisticamente osservato che gli elettori di centrodestra tendono a disertare il secondo turno, permettendo così in molti casi l’elezione dell’altro candidato, a volte anche sovvertendo l’esito del primo turno. L’emendamento è però stato ritirato. Per capirne il motivo, occorre fare riferimento all’ultimo comma dell’art. 72 della Costituzione e soprattutto all’interpretazione della disposizione consolidatasi negli anni e avallata attualmente anche dalla Presidenza della Repubblica.
Questa norma precisa che “la procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa di autorizzazione a ratificare trattati internazionali di approvazione di bilanci e consuntivi”.
Per “procedura normale di esame e di approvazione”, si intende che le modificazioni sulle leggi elettorali, a tutti i livelli di governo, devono avvenire con un disegno di legge specifico e ad hoc. Ciò soprattutto per una ragione procedurale e di tempistiche: come noto, infatti, i disegni di legge non hanno un termine per la loro approvazione (al contrario dei decreti-legge) e questo vuol dire che i parlamentari hanno tutto il tempo necessario per approfondire le disposizioni del provvedimento, cosa ovviamente non possibile per la conversione di un decreto-legge e men che meno nel caso di emendamento a decreto-legge i cui tempi di esame sono veramente ridottissimi.
Non a caso, tutte le leggi elettorali (ma anche altri provvedimenti in materia, come la legge sull’elezione diretta dei Sindaci o il d.lgs 268/2000 cd. Testo Unico degli Enti Locali) sono stati approvati con disegni di legge ordinari, mentre i decreti-legge, esattamente come l’attuale DL elezioni, disciplinano gli aspetti logistici relativi allo svolgimento del voto. Tale interpretazione, come anticipato, è condivisa anche dal Presidente della Repubblica, circostanza che ha avuto il suo peso nel determinare la sorte dell’emendamento in questione.