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Circolarità e competitività: un’occasione da cogliere per l’Italia

Posted: 15 Gennaio 2021 alle 11:19   /   by   /   comments (0)

di Emilio Conti

Un paese come l’Italia, privo di materie prime, deve considerare l’economia circolare come un’opportunità per modificare alcuni cicli produttivi, rendendoli più economici e maggiormente sostenibili. Il nostro Paese infatti, a forte vocazione manifatturiera, produce oltre 170 milioni di tonnellate l’anno di rifiuti, con un tasso di circolarità fermo al 17,1%, anche se più alto della media europea. La crescita economica viene dunque inserita in una ottica “green”, con una serie di misure che riguardano la produzione, il consumo, la gestione dei rifiuti e il mercato delle materie prime-seconde.

Il Piano europeo per l’economia circolare, lanciato nel 2018, è stato aggiornato nella prima metà del 2020 in occasione del lancio del Green Deal europeo dalla Commissione Von der Leyen.

Tra i principali obiettivi previsti dalle direttive europee rientra quello di portare il riciclo dei rifiuti urbani ad almeno il 55% entro il 2025, al 60% entro il 2030 e al 65% entro il 2035, con la forte riduzione delle discariche – tema molto critico per l’Italia – che potranno ospitare, dal 2035, al massimo il 10% dei rifiuti urbani prodotti e la valorizzazione energetica che si attesterà al 25%.

Nel cosiddetto Pacchetto Economia Circolare vengono individuati cinque settori prioritari per accelerare la transizione: le materie plastiche, i rifiuti alimentari, le materie prime essenziali, la costruzione e demolizione, e la biomassa e i materiali biologici. Per questi settori vengono auspicati investimenti importanti in infrastrutture e in innovazione in un prossimo futuro.

Il nostro Paese ha recentemente approvato quattro decreti legislativi che recepiscono altrettanti aspetti della direttiva comunitaria in materia di economia circolare, che sono in vigore da fine settembre 2020:

  • d.lgs. 116/2020 – cosiddetto “Decreto Rifiuti” – relativo ai rifiuti, agli imballaggi e ai rifiuti di imballaggio;
  • d.lgs. 118/2020 relativo ai rifiuti di pile, accumulatori e Raee;
  • d.lgs. 119/2020 relativo ai veicoli fuori uso;
  • d. lgs. 121/2020 relativo alle discariche.

Per poter concretamente applicare le nuove normative nazionali e comunitarie in materia di economia circolare saranno necessari, nei prossimi anni, importanti investimenti (stimati in 10 miliardi di euro) in infrastrutture per il trattamento dei rifiuti raccolti e la loro re-immissione nel mercato delle materie prime-seconde. Il tema che si prospetta è quello purtroppo ricorrente in Italia quando si parla di realizzare nuovi impianti e nuove infrastrutture: l’accettabilità sociale dei territori che li dovranno ospitare. Anche se stiamo parlando di impianti legati alla raccolta differenziata e al trattamento dei rifiuti recuperati, facciamo fatica a immaginare che, nel prossimo futuro, ci si possa trovare davanti a un atteggiamento differente da quello di quest’ultimo decennio: l’opposizione di comitati e di esponenti politici locali al loro insediamento in quel determinato territorio.

Servirebbe un significativo cambio di passo, perché, se vogliamo diventare un Paese a tutti gli effetti sostenibile, è indispensabile superare questo genere di opposizioni, in particolare per impianti necessari a chiudere il ciclo di vita di molti materiali.