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Anche per l’Istat la rete idrica italiana “fa acqua”
di Mattia Fadda
Un dato colpisce particolarmente per la sua gravità nel rapporto Le statistiche Istat sull’acqua pubblicato il 22 marzo 2022 in occasione della giornata internazionale dell’Acqua, e cioè la quantità di acqua immessa in rete ma poi persa. Uno spreco che, nel 2020, è stato quantificato in circa 900 milioni di metri cubi, pari al 36,2% dell’acqua complessivamente immessa in rete italiana (dato, per quanto elevato, in lieve calo rispetto al 2018, quando la rete idrica perdeva il 37,3% dell’acqua trasportata).
Da una parte, quindi, una perdita idrica pari a un terzo dell’acqua immessa in rete; dall’altra, il continuo ricorso al razionamento delle forniture idriche da parte di diversi Comuni del Sud Italia (il Rapporto ne conta 11, selezionati solo tra i Comuni capoluogo di Provincia): l’obsolescenza dell’infrastruttura idrica si trova proprio tra le cause principali dei casi di approvvigionamento idrico insufficiente, insieme ai problemi di qualità dell’acqua per il consumo umano.
Se dire che l’acqua non vada sprecata appare condivisibile fino ai limiti dell’apodittico, come troppo spesso accade si è d’accordo sui principi ma non sui mezzi per raggiungerli.
Oggi rimane ben poco dei movimenti per l’acqua pubblica (il Forum) che nel 2011 vinse i referendum sulla gestione in economia i servizi idrici e di altri servizi pubblici locali e sulla remunerazione tramite le bollette degli utenti finali del capitale (anche) privato investito nelle società di servizi idrici. Rimane appunto un movimento politico-identitario senza più la sua battaglia simbolica da combattere.
Se prima in bolletta si pagava fino al 7% del capitale investito dai gestori, col passaggio alla gestione pubblica il 7% è stato rinominato “oneri finanziari” ed è cresciuto fino al 9%.
La risorsa idrica seguita però ad essere pubblica (come lo era già prima, d’altronde) mentre sprechi e dispersione delle reti italiane continuano come e peggio di prima (ci sono luoghi in Italia in cui tocca punte vicine al 60%!). Non sono invece esplosi com’era prevedibile gli investimenti pubblici necessari alla rete dopo aver scacciato come la peste quelli privati.
Ma lo scempio dello spreco dell’acqua non mobilita quanto invece il presunto scandalo che qualcuno possa con la sua gestione efficiente fare profitti, ancorché essi avvengano in un regime regolato.