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Dai territori, Governo, In Primo Piano, Regioni, Sostenibilità

La seconda edizione del “Rapporto #NO2.0 – Come il dissenso comunica sul web”

Posted: 15 Novembre 2016 alle 13:00   /   by   /   comments (0)

Un dissenso in crescita, soprattutto in Rete, un NO che assume la connotazione di concetto universale che unisce differenti istanze, una protesta sempre più “istituzionalizzata”. È uno scenario atteso ma interessante quello emerso dalla presentazione a Roma lo scorso 20 ottobre della seconda edizione del Rapporto “#NO2.0 – Come il dissenso comunica sul web: Rapporto sui fenomeni di opposizione a infrastrutture, grandi reti e investimenti industriali visti dalla Rete”, realizzato da Public Affairs Advisors e da Fleed Digital Consulting.

Il Rapporto, che ha analizzato oltre 100 mila fonti Web in lingua italiana da maggio 2015 ad aprile 2016, studia il fenomeno del dissenso in Rete e lo segnala come significativamente aumentato rispetto a quanto rilevato dalla prima edizione del 2015, con conseguente maggior impatto locale, regionale e nazionale. La connessione del web e il concetto della condivisione hanno fatto da amplificatore ai vari movimenti di opposizione che seppure diversi negli intenti hanno seguito un’azione coordinata e combinata in termini di partecipazione, supporto e condivisione di informazioni. L’onda delle proteste e del “NO” in generale è cavalcata (o guidata) da movimenti politici rendendo il fenomeno sempre più istituzionalizzato. Tanto per capirci, dei primi dieci account Twitter – per numero di Tweet prodotti sui temi mappati – ben sette sono riferibili al Movimento 5 Stelle, che usano meravigliosamente lo strumento dei social network per fare proselitismo, anche sul No.

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Naturalmente lo studio non intende valutare il merito delle contestazioni, che possono essere giuste o condivisibili. Ne dà un’interpretazione per quanto concerne gli aspetti della comunicazione, fondamentali per comprendere lo scenario in cui oggi chi investe deve muoversi.

Tra le principali evidenze, il movimento di protesta No Triv (contro la ricerca di idrocarburi) è risultato essere il più attivo tra i movimenti analizzati, con 206.081 discussioni e oltre 55 mila tweet con hashtag #notriv. Dalla localizzazione geografica dei contenuti, la Puglia è risultata essere la regione maggiormente coinvolta, soprattutto in ambito No Triv, con oltre 66 mila discussioni in rete. È emerso, inoltre, che il 91,2% dei contenuti sui movimenti di opposizione proviene dai social network e tra gli hashtag più citati, oltre al #notriv, ci sono #notav con quasi 52 mila citazioni, #stoptrivelle con oltre 40 mila citazioni.

Quali sono i fattori chiave e gli impatti del fenomeno?

Diversi. Ragionando laicamente, si nota una scarsa capacità comunicativa di chi propone nuove opere; movimenti sempre più organizzati in Rete; una scarsa propensione delle Istituzioni (locali e nazionali) a parlare all’opinione pubblica di temi complessi e spinosi (rifiuti; inquinamento; energia). Elementi che hanno ampliato il fenomeno e i suoi effetti, sia economici che sociali, nella realizzazione dei progetti di tutte le risme. Si tratta poi di valutare anche impatti diretti nell’occupazione e nelle attività del settore specifico ma anche di impatti indiretti nell’industria di riferimento attraverso la supply chain, come risultato d’acquisto di beni e servizi da fornitori diversi. Dalla Rete al PIL, il passo è molto breve.

Quando per la realizzazione di una nuova opera che impatta il territorio non vengono attivate azioni preventive di stakeholder engagement, le possibilità che essa venga realizzata diminuiscono vertiginosamente.

I costi diretti del dissenso si ripercuotono naturalmente anche sulla società che propone l’opera, sulla mancata o ridotta amplificazione degli effetti economici previsti, sul ritardo del compimento dell’opera o nell’annullamento delle iniziative. Il movimento No Tav, ad esempio, che dal 1993 coinvolge le regioni di Piemonte, Liguria, Lombardia, ha provocato un costo aggiuntivo sul valore economico dell’investimento di 800 milioni di euro (fonte LUISS Business School).

Non so dirvi se il TAV sia un progetto fantastico o se sia da buttare. Ma so che anche il progetto più utile e strategico dopo 20 anni e con queste condizioni di realizzazione può diventare fallimentare.

È possibile scaricare il Rapporto integrale e i materiali del convengo di presentazione al seguente link.